Motivazione

La Motivazione si può definire come l’intensità e la tenacia con la quale l’atleta esprime la sua dedizione alla pratica sportiva. E’ così che un giovane tennista professionista esprime la sua dedizione al suo sport: ” Mi alzavo tutte le mattine pronto per giocare a tennis. Volevo giocare diverse ore ogni giorno. Se non trovavo nessuno per giocare , tiravo palline contro il muro o utilizzavo la macchina spara palle. Vorrei sempre allenarmi con concentrazione intensità, o stare dopo l’allenamento per un lavoro extra. Mi sono impegnato a fare dei miglioramenti e sono disposto a fare qualsiasi sacrificio per crescere nella classifica”. Gli atleti con alto livello di motivazione, di solito continuano a lottare per raggiungere i loro obiettivi nonostante gli ostacoli posti sul loro percorso. In sostanza i giocatori motivati accettano di più il dolore, la fatica e la frustazione, si allenano di più ,giocano con più intensità  e persistono nonostante i fallimenti.Perché alcuni atleti sono molto motivati mentre altri non lo sono? Cosa si può  per motivare gli atleti a impegnarsi sempre al massimo delle loro abilità? Perché questo ragazzo che sarebbe un vero talento s’impegna meno degli altri e sembra svogliato?
Bisogna individuare le ragioni che favoriscono il coinvolgimento sportivo e mantenerle attive nel tempo.
Allo sport ci si può avvicinare in qualsiasi momento con esigenze e spinte motivazionali che cambiano in relazione alla tipicità della fascia d’età in cui ci trova, è quindi molto importante che l’ambiente sportivo in cui sono inseriti i giovani atleti sia focalizzato sul rispetto degli stadi di sviluppo.Generalmente il bambino piccolo (5-10 anni) si avvicina a uno sport perché vuole giocare, entusiasmarsi, sperimentare il proprio corpo e le abilità acquisite fino a quel momento.Negli anni successivi (11-14 anni) il giovane familiarizza con il pensiero astratto e desidera vedere fin dove può arrivare, può programmare e fissarsi obiettivi a lungo temine e s’impegna nella cooperazione mentre l’adolescente (15-20 anni) può preparare gli stadi più elevati della professionalità e vivere già il ruolo di adulto (Prunelli, 2002). Ragazzi e ragazze fanno sport per un insieme abbastanza ampio di ragioni, alcune relative allo sviluppo delle competenze sportive e al piacere di confrontarsi con i coetanei, altre riguardano il bisogno di stare con gli amici e spendere energia attraverso l’azione fisica.

Grazie a una serie di ricerche (Cei, 2005) è stato possibile rilevare i principali fattori motivazionali che emergono da tutte le analisi e che sono comparabili con quelli proposti dalla letteratura internazionale. Essi sono:

  • Acquisizione di status: il desiderio di essere popolare, diventare importante, farsi notare dagli altri, raggiungere i più alti livelli, trarre piacere dalle sfide, gareggiare e fare qualcosa in cui si è bravi, ricevere premi o medaglie. Questa dimensione è costituita per la maggior parte da fattori esterni al soggetto, mentre solo una (trarre piacere dalle sfide) si riferisce a fattori interni al giovane e completamente dipendenti dal suo modo di agire.
  • Forma fisica e abilità: sentirsi in forma, essere fisicamente attivo, acquisire e migliorare le proprie abilità e divertirsi nel fare esercizio. Negli anni precedenti, la forma fisica e l’acquisizione delle abilità non sono percepiti come fattori correlati, mentre a partire dai 14 anni questi giovani atleti acquisiscono consapevolezza su quanto ognuno di questi aspetti siano fortemente collegato l’uno all’altro tanto da costituire un unico fattore motivazionale. Questo faciliterà un maggiore impegno dovuto alla convinzione che la componente fisica partecipa al miglioramento della componente tecnico-tattica.
  • Squadra: il desiderio di far parte di una squadra, lo spirito di squadra, il lavoro di squadra e il desiderio di vincere. Emerge quindi come impegnarsi insieme ad altri coetanei nel raggiungimento di obiettivi agonistici e l’importanza di far parte di un collettivo unito sono gli obiettivi principali per raggiungere la vittoria.
  • Rinforzi estrinseci: il sostegno ricevuto dai genitori, dagli amici, la soddisfazione ricavata dal rapporto con l’allenatore nel sostenere l’attività e il piacere di utilizzare il materiale sportivo. Da questi dati si capisce che non solo i coetanei giocano un ruolo centrale nel sostenere la motivazione ma anche la funzione degli adulti è assolutamente importante. L’ambivalenza del rapporto con gli adulti, evidenziabile nella necessità di mantenere un legame costruttivo e la richiesta di maggior libertà, se ben orientata, può rappresentare un’opportunità di maturazione psicologica estremamente importante.
  • Amici/divertimento: il desiderio di divertirsi, il desiderio di stare con gli amici, di fare nuove amicizie e il desiderio di viaggiare. Sono evidenziati qui gli aspetti più tipicamente affiliativi dell’esperienza sportiva, di socializzazione al di fuori della famiglia e all’interno di un gruppo di coetanei. Questa dimensione non è connessa al raggiungimento di risultati sportivi.
  • Piacere per l’azione: il piacere tratto dall’azione in sé, dal gareggiare e praticare quell’attività sportiva. Questa componente motivazionale deve essere ben considerata dagli allenatori che dovrebbero chiedersi in che misura le sedute di allenamento soddisfano queste specifiche esigenze o se per favorire lo sviluppo tecnico, questi aspetti vengono trascurati.
  • Consumare energia: il bisogno di consumare energia, di entusiasmarsi e scaricare il nervosismo. Questa è una componente motivazionale strettamente collegata a quella precedente e la presenza di due fattori che riguardano la gestione delle sue emozioni (il bisogno di spendere energia e scaricare il nervosismo) tramite l’impegno sportivo, testimonia l’importanza di questi bisogni che devono essere riconosciuti e soddisfatti dagli adulti (genitori, allenatori) con i quali i giovani atleti si trovano ad interagire (Cei, 2005).

Nel gruppo dei più giovani (9-11 anni) è maggiormente dominante la dimensione affiliativa (fare sport con gli amici, incontrarne di nuovi e divertirsi), nelle fasce d’età successive emergono più forti il desiderio di eccitamento e di entusiasmarsi (12-14 anni) mentre solo successivamente (oltre 14 anni) si evidenzia il desiderio di raggiungere e mantenere la migliore forma fisica e la competenza sportiva. In riferimento a quest’ultima fascia d’età è stato riscontrato che i maschi nella loro pratica sportiva attribuiscono un importanza particolare all’Acquisizione di status, al vincere, ricevere premi mentre le femmine danno maggior importanza alla dimensione Amicizia/Divertimento e Forma fisica (Cei 2005).

Le dimensioni Squadra e Amicizia/Divertimento sono molto significative sia negli sport individuali che di gruppo. Da ricerche successive è emerso che nei più giovani l’affiliazione è uno dei fattori più rilevante mentre nelle età successive prevalgono il bisogni di eccitazione e l’acquisizione di competenze sportive.

Queste differenze sono addebitate alla evoluzione psicologica dei giovani che va da una fase in cui è fondamentale imparare a vivere in un gruppo ad un’altra in cui è maggiormente preminente il bisogno di spendere energia attraverso l’azione e di acquisire e migliorare le proprie abilità. Programmi d’allenamento che non tengono in considerazione il bisogno di stare con gli amici e l’esigenza di spendere energia attraverso l’azione fisica e divertirsi fanno si che, crescendo il livello agonistico, allo sport venga associata un’elevata ansia competitiva e scarsa motivazione interna alla pratica sportiva tali da determinare l’insorgenza di risvolti psicologici negativi di notevole peso per l’adolescente. L’esperienza di frequenti insuccessi sportivi uniti ad attribuzioni colpevolizzanti dei risultati negativi, riducono il senso di autoefficacia generando un vissuto di frustrazione caratterizzato da sentimenti aggressivi che possono rivolgersi internamente o verso l’esterno (Giovannini, 2002).

Ryan e Deci (1985) hanno elaborato una importante teoria sulla motivazione:La teoria dell’autodeterminazione. Secondo i due autori esistono due principali tipi di motivazione: la motivazione intrinseca e la motivazione estrinseca.

Motivazione intrinseca ed estrinseca non sono indipendenti ma si trovano su un continuum che va dalla assoluta mancanza di motivazione (amotivation) al livello più alto di motivazione intrinseca. Un atleta motivato intrinsecamente deciderà di praticare un’attività sportiva per scelta personale, per il piacere di farlo, per l’appagamento e la soddisfazione che ne deriva senza spinte provenienti dall’esterno. L’atleta si impegnerà liberamente in attività che reputa interessanti e piacevoli, che offrano un’opportunità di apprendimento o di acquisire una competenza. Questa dimensione è caratterizzata da un locus of control interno e gli individui considerano le loro azioni auto -determinate e volitive (Un esempio è l’atleta che gioca a calcio perché prova interesse e soddisfazione nell’imparare nuovi movimenti con la palla) (Calvo, Cervelló, Jiménez, Iglesias, Murcia, 2010).  Inoltre Vallerand et al. (2001) hanno sostenuto che ci sono tre tipi di motivazione intrinseca nel coinvolgimento sportivo che riguardano la motivazione verso esperienze stimolanti , per acquisire conoscenze e per realizzare le cose.

Gli atleti estrinsecamente motivati nello sport partecipano perché stimano i risultati associati che possono essere ricompense esterne come il riconoscimento pubblico o la lode (Calvo, Cervelló, Jiménez, Iglesias, Murcia, 2010). Il coinvolgimento sportivo è dovuto a qualche incentivo esterno e lo sport rappresenta un mezzo per ottenere qualcosa che desiderano o evitare qualcosa di sgradito (ad esempio un atleta che partecipa alle Olimpiadi per ottenere una medaglia d’oro o il riconoscimento di uno status elevato). La motivazione estrinseca rappresenta la forma meno autodeterminata e implica forme di regolazione esterna.

Infine l’assenza di motivazione costituisce uno stato psicologico in cui le persone non hanno né un senso di efficacia né un senso di controllo rispetto al conseguimento di un risultato desiderato. Può essere quindi indicativa di un’alta probabilità di abbandono sportivo perché gli atleti non percepiscono una spinta né intrinseca né estrinseca a parteciparvi.